
25 Feb Sancta Susanna

SANCTA SUSANNA di Paul Hindemith
Teatro Alighieri di Ravenna
Opera in un atto op. 21 su testo di August Stramm
Susanna
Csilla Boross
Klementia
Brigitte Pinter
La vecchia suora
Annette Jahns
Una serva
Anahì Traversi
Un servo
Igor Horvat
Prima apparizione
Catherine Pantigny
Seconda apparizione (bambina)
Virginia Barbanti
Direttore
Riccardo Muti
Regia
Chiara Muti
Scene
Leonardo Scarpa
Costumi
Alessandro Lai
Luci
Vincent Longuemare
Aiuto Regista
Maddalena Maggi
Direttore di Scena
Giordano Punturo
Maestro di Sala
Elisa Cerri
Maestro Collaboratore
Davide Cavalli
Maestro ai Sovratitoli
Marcello Mancini
Caposarta
Anna Tondini
Sarta
Marta Benini
Capo Parrucchiera
Denia Donati
Capo Trucco
Mariangela Righetti
Scenografica e Attrezzeria
Scena Laboratorio di Leonardo e Marco
Scarpa, Toscanella (Bo)
Costumi e Scarpe
Sartoria del Teatro dell’Opera di Roma
ORCHESTRA GIOVANILE LUIGI CHERUBINI
Melodi Cantores
Maestro del Coro Elena Sartori
Note di regia
Giudizio, libertà e perdono: sono le parole che racchiudono, per me, il senso di quest’opera. la ricerca di libertà che si traduce nell’impossibilità di reprimere la natura, e la necessità del perdono. Quel perdono che Susanna implora, confessando la propria umana debolezza, e che le consorelle le negano, venendo meno all’insegnamento di Cristo…
immaginiamo la vita nel convento… È giovane Susanna, è bella. Vive la fede con passione: l’intensità con cui pratica il digiuno, la preghiera, la meditazione la distingue dalle consorelle. ed è con la stessa intensità che si lascia travolgere dal risveglio dei sensi, dalle pulsioni del suo giovane corpo: come tutte le grandi figure della storia non conosce l’ovvietà del quotidiano, ogni suo gesto è spinto all’eccesso.
È nel lungo dialogo con Clementia che cogliamo la sua forza e la sua “diversità”: Clementia è colei che non ha coraggio, che vive della vita delle altre, che avrebbe voluto e non ha mai osato.
Rappresenta la mediocre meschinità della convenzione che condanna chi sa ergersi al di sopra di essa… non stupisce che sia proprio Clementia a spingere Susanna all’atto estremo, rievocando l’antico peccato di Beata, e la sua sofferenza che ancora trasuda dai muri del convento… quanti innocenti sepolti tra quei sassi…
Nella composizione di Hindemith, sublimata dal libretto di Stramm, quanta forza e tensione teatrale… Basta lasciarsi guidare… tentazione, pulsione, allucinazione, vibrazione… nella musica c’è tutto, in essa è riposto il senso segreto dell’azione scenica e della narrazione. È attraverso essa che il giardino, con i suoi odori e colori tentatori, si insinua nel convento alle prime luci dell’alba, quel giardino primaverile che prende corpo nella presenza della serva, nella sua semplicità candida e “naturale” capace di colpire Susanna, di minare la sapienza delle sue certezze e trascinarla nell’abisso del desiderio. ed è ancora nella musica, nel concitato crescendo di una stringente progressione, che leggiamo nel finale la sua disperata richiesta di aiuto e di perdono. Per poi arrivare alla nobile umiltà con cui, di fronte al cieco e disumano rifiuto di comprensione da parte delle consorelle, sceglie il proprio destino sottraendosi al giudizio di chi non ha pietà.
Così, di fronte alla croce, attorno alla quale si consuma il dramma umano e che nulla e nessuno può scalfire, il grido feroce “Satana!” scagliato contro Susanna si ritorce contro le consorelle, le schiaccia nella polvere, mentre lei, “sancta”, trova la luce della redenzione… Perché non è dato agli uomini di giudicare…