
26 Feb Le nozze di Figaro

Crediti
LE NOZZE DI FIGARO di WOLFGANG AMADEUS MOZART
Ossia la folle giornata
Teatro Petruzzelli di Bari
Libretto di Lorenzo Da Ponte
Tratto dalla commedia La folle journèe ou le mariage de figaro di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Direttore Matthew Aucoin
Regia Chiara Muti
Scene Ezio Antonelli
Costumi Alessandro Lai
Disegno luci Vincent Longuemare
Assistente costumi Concetta Nappi
Prima esecuzione: Vienna, Burgtheater, 1 maggio 1786
Figaro
Alessandro Luongo
Il conte d’Almaviva
Edwin Crossley-Mercer
La Contessa d’Almaviva
Eleonora Buratto
Susanna
Maria Mudryak
Cherubino
Paola Gardina
Margherita Rotondi
Marcellina
Laura Cherici
Bartolo
Fabrizio Beggi
Basilio
Bruno Lazzaretti
Don Curzio
Giorgio Trucco
Barbarina
Anne Marine Suire
Antonio
Matteo Peirone
Note di regia
CORTE – intesa come luogo di pubblico dominio. Non esiste intimità, la pedana centrale è metafora di luogo di rap- presentazione, alla mercé di tutti…
Le scale sono il simbolo del cambiamento sociale in atto… segno di mutamento continuo… c’è chi sale e c’è chi scende… Nessuna posizione è acquisita per certo… Tutto è in continua evoluzione…
NATURA – presente in scena da principio, la natura sotto forma di salici piangenti, si fa strada d’atto in atto, finendo per appropriarsi dello spazio… Quale metafora dell’istinto che prevarica sulla ragione… e la Natura sull’uomo…
DESIDERIO – presente sin dall’inizio in scena, represso, tradito, condiviso, respinto, mascherato… sotto tutte le forme possibili…
AMORE – ne “La Folle Journée” sono presenti tutti gli stadi dell’amore. Adolescenziale (Cherubino e Barbarina), passionale (Figaro e Susanna), tradito ed annoiato (Conte e Contessa), maturo, di convenienza (Marcellina e Bartolo), senza contare le figure trasversali di Don Curzio (la legge Balbuziente), Basilio (cinico e solitario per scelta e paura di soffrire) e Cherubino (rappresentazione stessa del DESIDERIO). -La Folle Journée – intesa come metafora d’un tempo tiranno che passa e dal quale nessun Amore può difendersi… La quotidianità, prima nemica della Passione, avvolge di noia il Conte e la Contessa, e con loro anche la classe sociale a cui appartengono per nascita e non per conquista. In questo stato di malinconica apatia la Nobiltà risulta già perdente di fronte al dinamismo di una nuova classe sociale che non ha più paura di affermarsi. – Che Virtù! Che Giustizia! – apostrofano così il Conte con ironia sibillina i suoi stessi servi! La Rivoluzione è in marcia! Ma Mozart va al di là…
Ci disegna per quello che siamo, descrive e sublima i vizi e le virtù…
Descrive la miseria della natura umana ed allo stesso tempo la grandezza che l’uomo ha nel far fronte al proprio destino, e di perdonarsi, nonostante tutto! Nonostante i peccati e le miserie…
La natura, rientrando alla corte, riguadagna lo spazio che si merita… la Natura intesa come istinto e libertà d’esser se stessi… lontani dai “muri” che ci siamo costruiti imprigionandoci… e nel giardino, nella notte, l’istinto che è per eccellenza attributo femminile vince! La Natura ha la meglio su tutti e, nella natura, il perdono può essere completo… la Contessa perdona, con il Conte, i nostri peccati, le nostre imperfezioni, che, attraverso Mozart, si manifestano con altitudini miracolose, da perdere il fiato… Come se chiedesse perdono a Dio per noi, per le nostre miserie, ma lo facesse con tale perfezione… da farci credere d’essere parte di quel Divino che ci sfugge…
La Contessa perdona un infedele… lo perdona sapendo che peccherà… ancora e ancora… lo perdona nonostante tutto… e tutti rispondono “Ah! Tutti contenti saremo così” ma pianissimo… quasi con la paura di spezzare quell’attimo incantato d’illusione, quello per cui lottiamo ogni giorno contro le avversità… Sublime attimo di Verità che ci sfugge ma a cui i nostri cuori anelano… e si scopre, con questo perdono, che si può essere veri pur mentendo, e correre a festeggiare la vita… annebbiando la Tragedia in atto… nel tumulto, nel fremito… per dimenticare nuovamente e ancora nuovamente chi siamo…