Madama Butterfly

Madama Butterfly

Imprigionata tra terra e mare... al confine del nulla... nell'attesa che l'illusione cessi e che il sangue coli

Foto Silvia Lelli, Michele Monasta

Foto Silvia Lelli, Michele Monasta

Madama Butterfly – G. Puccini

Direttore Francesco Ivan Ciampa
Regia Chiara Muti
Scene Leila Fteita
Costumi Alessandro Lai
Luci Vincent Longuemare

Teatro del Maggio Musicale Fiorentino 12, 15, 22, 26, 28  Novembre – 1 Dicembre 2021

Note di regia

Il dramma dell’attesa…

Imprigionata tra terra e mare… esule… al confine del nulla… immersa in un paesaggio onirico di luci e pallidi colori d’ un Giappone incantato… impalpabile… nell’attesa che l’illusione cessi e che il sangue coli.

Non c’è bisogno che di pochi elementi per delineare una casa che in realtà non esiste, ne mai esisterà.

Tra fuori e dentro non c’è confine.

Il “nido nuziale” è un malinconico miraggio. Tenui pareti di filigrana bianca, fragili come la carta giapponese, si aprono e si chiudono a delineare un non spazio. I noren scendono delicatamente dall’alto su un tatami che giace al suolo, come un’isola persa sulla riva del mare.

Tutto ha l’apparenza d’un luogo sognato, immaginario, incantato.

All’inizio Butterfly ha i vividi colori della farfalla Morpho, le cui ali, incolore, per effetto ottico riflettono la luce decomponendola in un’effervescenza di blu intenso e iridescente…ma ahimè! Persa la luce… perso anche il colore… disseminato qua e là in strati di vestiti che, come lembi di pelle, giacciono inermi al suolo… come ali di farfalla spezzate…

E così la figura da paravento, senza più luce ne colore, avanza verso il suo cupo destino, quello cui è predestinata, come ci ricorda l’ombra di quel padre che, come un monito, appare nella fuga d’apertura…ma solo per un attimo… e si perde nel mare… come un ricordo che si immerge nelle profondità d’un inconscio che non vuole essere più scomodato.

In un mondo onirico, dove il Giappone è evocato e mai raccontato, l’unico riconoscibile simbolo tradizionale sono le maschere agitate dai parenti intonanti “Noi ti rinneghiamo!” che si stagliano al cielo a ricordare i codici d’un mondo a tratti spietato, privo d’espressioni d’umana empatia per chiunque ne infranga i valori. La stessa madre, nera d’eterno lutto, velata d’onta, si allontana per sempre, senza più voltarsi indietro, insensibile al pianto di chi un tempo aveva chiamato figlia.

Puccini non è mai stato in Giappone… e a chi glielo ricorda risponde: “I drammi umani sono universali!”. E Butterfly ne è un raggiante esempio. E allora eccola, come una bambola abbandonata, ad aspettare il suo padrone… cieca… sorda… ancorata sulla sabbia che fu dei suoi avi… gli occhi fissi all’orizzonte per scrutare il mare, leitomotiv d’un attesa accorata… un mare il cui brillio della speranza illumina, di quando in quando, la scena, a rappresentare l’immensità d’ un sentimento d’angoscia represso, prigioniera d’un ricordo… reietta… emarginata… dimenticata.

Resiste stordendosi nell’alcool, unico dono lasciatole in dote dal marito in rimembranza dei suoi baci, unico conforto e consolazione… l’annebbiare i sensi e la ragione nella dimenticanza di se.

Ultimo momento di malinconica gioia Butterfly lo intona in “Scuoti quella fronda di ciliegio e m’innonda di fior…”, persuasa dall’imminente sopraggiungere di lui, allora una cascata di fiori immaginari invadono il cielo e disegnano una primavera nel deserto della sua anima …

Un deserto che, scesa la notte stellata, in quel sudario che è il coro a bocca chiusa, si rivela non essere più terreno … e Butterfly come una statua, stagliata all’orizzonte, fissa una luna che si direbbe più una terra, a simboleggiare l’estraneità da un mondo al quale ormai non appartiene più.

Scrive Mishima: “Non era Pinkerton che aspettava… in verità… era la tragedia… era la morte che consumandosi attendeva…”.

La morte… e con la morte infine l’approdo alla libertà! E la fanciulla le va incontro senza vacillare… con onore… e in quella scelta di libero arbitrio non sono i codici d’onore a dettar legge, perché una scelta le sarebbe ancora accordata: “Ville, servi, oro…un palazzo principesco…” eppure è la morte che sceglie! Perché è l’unica vera scelta possibile.

Attraverso la morte Butterfly non anela ad assolvere se stessa, ma l’uomo per cui vanamente ha aspettato, è lui, Pinkerton che, uccidendosi, Butterfly libera dal disonore, purificando le sue colpe in un istante d’eterna verità.

E in quell’ultimo istante… un figlio fisserà, come un incanto, sua madre spiegare le ali e ascendere al cielo … e un padre smarrito … si inginocchierà impietrito di fronte all’immensità di quell’ultimo gesto di supremo sacrificio… la cui luce balenerà per sempre d’un insostenibile giudizio negli occhi di suo figlio.

Chiara Muti

« Una lettura pulita, elegante e stilizzata dell’Opera, spogliata di ogni orientalismo di maniera » « La recitazione é molto curata con risvolti inediti nella caratterizzazione dei personaggi »

Silvano Capecchi
Opera click 9 dicembre 2021

« L’onirica Butterfly di Chiara Muti » « La regia si allontana radicalmente da tutti gli stereotipi esoticamente orientaleggianti, pur conservando un’atmosfera tendente ad evocare quel lontano mondo giapponese… » « Avvalendosi delle scene essenziali di Leila Fteita, degli eleganti costumi di Alessandro Lai e degli affascinanti giochi di luce di Vincent Longuemare, l’onirica regia di Chiara Muti si é concentrata a scavare intensamente la dimensione psicologica dei personaggi… »

Luca Summer
pensalibero.it 12 dicembre 2021

« Una bellissima scenografia simbolica, totalmente vuota con alcuni elementi che hanno trovato il loro apice nella luna quando canta il famoso coro muto e nei fiori primaverili … »

Gabriele Isetto
In volo sul teatro 13 dicembre 2021

« Chiara Muti firma una regia scarna, in linea con quell’essenzialità tutta orientale , fatta di pannelli molto leggeri come carta di riso che vanno a delineare spazi e ambienti su sfondi cromatici: essenziali ma efficaci, come lo scavo psicologico della protagonista ed il realistico ruolo di Pinkerton, tenente della marina americana che vive la lontananza dalla sua patria nei vizi d’amore e bere, il tutto con una leggerezza dettata dai fumi dell’alcol, rude e diretto ma per questo ancor più autentico » « Di grande effetto le due scene che spiccano per colori e poesia »

Samantha Russotto
Fermata spettacolo 27 dicembre 2021

« La Regia innovativa di chiara muti si basa sul dramma dell’attesa, sulla separazione e l’intreccio di due mondi completamente diversi: la terra… e il mare…  « L’introspezione psicologica é molto curata dalla regia »

Eldorado Rocco
Leo Magazine